Phom Fotografia

Nasce CartaBianca, uno spazio editoriale in cui chiediamo ai fotografi di scegliere e raccontarci una loro immagine: come è nata? Che cosa rappresenta nel tuo lavoro? Che processo c'è stato per la sua realizzazione? C'è una storia dietro?
I fotografi rispondono come preferiscono, non c'è un format di risposta predefinito ma solo la libertà di farlo secondo il proprio personale modo di raccontare.
È questa la cosa bella, e così
bianca, appunto.

Il progetto nasce da un'idea di Vanessa Vettorello e Mariateresa dell'Aquila, e Andrea Botto è il nostro secondo ospite.

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La fotografia scelta



“KA-BOOM #17, Rapallo 2009” è una delle mie opere più iconiche e conosciute. Fa parte del progetto “KA-BOOM The Explosion of Landscape”, una ricerca a lungo termine sull’uso degli esplosivi iniziata nel 2008 e pubblicata nell’omonimo libro da Èditions Bessard nel 2017, concepito come un immaginario manuale di esplosivistica. L’immagine è stata realizzata in Liguria, nella mia città, durante l’annuale festa patronale in cui vengono esplosi dei caratteristici fuochi d’artificio diurni a terra.


KA-BOOM #17, Rapallo 2009 Pigment print su Canson Infinity Platine Fibre Rag montata su d-Bond, cm 81x99 Ed. 7 + II a.p. © Andrea Botto
KA-BOOM #17, Rapallo 2009 Pigment print su Canson Infinity Platine Fibre Rag montata su d-Bond, cm 81x99 Ed. 7 + II a.p. © Andrea Botto

Ho cominciato a fotografare esplosioni più di dieci anni fa, all’inizio della crisi economica globale legata al crollo delle banche americane. Dopo aver lavorato per molto tempo su demolizioni, frane e altre trasformazioni del paesaggio, era un’ideale evoluzione delle mie ricerche precedenti sul tema della distruzione.


Seguendo il motto latino degli artificieri della Polizia di Stato italiana, Semel errare licet (Si può sbagliare una volta sola), ho scelto di usare una macchina fotografica di grande formato 4’x5′: quindi un solo scatto e buona fortuna! 


KA-BOOM si gioca infatti sulla stretta relazione che esiste tra fotografia ed esplosivo, a cominciare dalla chimica attraverso il nitrato, proseguendo con la parallela evoluzione industriale e tecnologica, fino alle implicazioni filosofico/concettuali sul tempo, sulla casualità e sull’irreversibilità di un processo che una volta innescato non può essere fermato, portando con sé diversi livelli di rischio. Inoltre, la distanza del punto di vista, lo stesso di uno spettatore curioso o del fochino compiaciuto della distruzione che ha creato, ci ricorda che guardare non è mai un atto neutrale. Lavorare su queste contraddizioni significa anche riflettere sul linguaggio fotografico.


La fotografia è un modo di agire sulla realtà per modificarla ed attivare processi di conoscenza. È un medium ambiguo, camaleontico, difficile da definire e maneggiare, che vive di vita propria.



Il mio primo interesse è il contesto dove ha luogo un evento, la scena che circonda il caos, i comportamenti sociali del pubblico, più che l’esplosione in sé. Infatti, lo scoppio potrebbe anche sembrare a prima vista un falso o un errore all’interno dell’immagine, un momento sospeso tra realtà e finzione. A questo proposito, sono molto colpito dal fatto che molte persone mi chiedano se le mie fotografie siano costruite o messe in scena, anche se ovviamente non lo sono. Mi fa riflettere sulle credenze ed aspettative che abbiamo nei confronti delle immagini. Certo la teatralità delle mie fotografie non restituisce mai una lettura univoca e questa immagine, più di altre, non fa eccezione.

Un aneddoto


A questo proposito posso raccontare un aneddoto che credo lo spieghi bene. Tempo fa, un collezionista che aveva acquistato quest’opera per la sua collezione decise di esporla in una delle suite del suo grande albergo. Un’ospite americana che vi soggiornò successivamente si rivolse turbata al concierge chiedendo di togliere immediatamente dalla sua stanza quella fotografia di un attentato terroristico (così l’aveva interpretata) e subito fu fatto, spostandola infine nella hall del quinto piano in uno spazio più di passaggio. Il collezionista era quasi imbarazzato nel raccontarmi questa storia, perché a lui che l’aveva acquistata quell’opera piaceva molto e non l’aveva mai vista o percepita in quel modo.


Un’immagine dell’opera di Andrea Botto esposta nella Collezione MiramART (www.
grandhotelmiramare.it/miramart/) del Grand Hotel Miramare di Santa Margherita Ligure 
(photo credit: Paola Allegra Sartorio)
Un’immagine dell’opera di Andrea Botto esposta nella Collezione MiramART (www.
grandhotelmiramare.it/miramart/)
del Grand Hotel Miramare di Santa Margherita Ligure
(photo credit: Paola Allegra Sartorio)

"Lo ringraziai, perché per me quella era la dimostrazione che la mia immagine aveva funzionato correttamente, attivando un immaginario più profondo, latente in essa fin dall’inizio."



KA-BOOM è la rappresentazione di una dissoluzione, perfetta metafora della distruzione del mondo contemporaneo a cui ogni giorno assistiamo come spettatori, a volte indifferenti, altre volte plaudenti. Uno spettacolo sublime che attrae e respinge al tempo stesso; doloroso, ma forse necessario per ricostruire e rinnovare. Era nato anche rievocando nella mia mente alcune immagini del 9/11, in particolare quella molto famosa e controversa di Thomas Hoepker, dove alcuni ragazzi stanno conversando seduti al sole in un parco di Brooklyn, mentre dietro di loro un’enorme nuvola di polvere e fumo si alza in cielo da Manhattan per il crollo delle Twin Towers. La reazione di quella signora americana aveva in un certo modo chiuso il cerchio.   



Andrea Botto, KA-BOOM The Explosion of Landscape, testi di Ilaria Bonacossa, Marta Dahò, Marco Navarra, Lars Willumeit, Parigi, 
Èditions Bessard 2017
Andrea Botto, KA-BOOM The Explosion of Landscape, testi di Ilaria Bonacossa, Marta Dahò, Marco Navarra, Lars Willumeit, Parigi,
Èditions Bessard 2017

Andrea Botto, dicembre 2020


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Andrea Botto (Rapallo, 1973) è fotografo, artista visivo e docente. Attento alle contaminazioni con i diversi linguaggi dell’arte contemporanea, usa la fotografia come sezione del mondo, con lo scopo di esprimerne la complessità e metterne a nudo le stratificazioni. Il tempo, l’immaginario collettivo, così come le continue trasformazioni che segnano l’età presente, sono temi cardini del suo lavoro, che indaga l’instabile equilibrio che governa il paesaggio attraverso l’estetica della distruzione. Ha esposto in importanti musei internazionali, tra cui la Bundeskusthalle di Bonn (2005), il Fotomuseum Winterthur (2005), lo Stiftung Kultur a Colonia (2006), il MAXXI di Roma (2007-2016), la Fundacion Canal Isabel II a Madrid (2007), il MoCA di Shanghai (2010), il Benaki Museum di Atene e il Museo di Villa Croce a Genova (2015), il Kolkata Centre for Creativity di Calcutta (2019). Sue opere sono conservate in collezioni pubbliche e private, tra cui la Bibliothéque Nationale de France di Parigi, il MAXXI di Roma, il Centre Pompidou di Parigi, la Galleria Civica di Modena, la GAM di Torino, Fondazione Fotografia di Modena, il Museo di Villa Croce di Genova e Linea di Confine di Rubiera. Fa parte del collettivo artistico Fotoromanzo Italiano. Tra le sue pubblicazioni: 19.06_26.08.1945 (Danilo Montanari Editore, 2014), terzo premio al Fotobookfestival Kassel Dummy Award e finalista al Paris Photo-Aperture First Book Award, KA-BOOM The Explosion of Landscape (Èditions Bessard, 2017), sull’uso degli esplosivi in ambito civile, finalista al Photo-text Book Award dei Rencontres d’Arles e Reviviscenza. Un ponte su Genova (Rizzoli, 2020), sui lavori di demolizione e ricostruzione del Viadotto Polcevera.
www.andreabotto.it


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