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Living on the Edge. Europa, Irlanda del Nord, Belfast. Ronnie G. Tatuaggi calcistici e lealistici. Sulla gamba, lo scheletro di Bobby Sands che prega per il cibo. Quartiere protestante tra Divis Street e Peter's Hill.
Living on the Edge. Europa, Irlanda del Nord, Belfast. Ronnie G. Tatuaggi calcistici e lealistici. Sulla gamba, lo scheletro di Bobby Sands che prega per il cibo. Quartiere protestante tra Divis Street e Peter's Hill.

Living on the Edge. Europa, Irlanda del Nord, Belfast. Ronnie G. Tatuaggi calcistici e lealistici. Sulla gamba, lo scheletro di Bobby Sands che prega per il cibo. Quartiere protestante tra Divis Street e Peter's Hill.

Living on the Edge. Europa, Irlanda del Nord, Belfast. Il più grande falò di Belfast. Lanark Way presso Shankill Road.
Living on the Edge. Europa, Irlanda del Nord, Belfast. Il più grande falò di Belfast. Lanark Way presso Shankill Road.

Living on the Edge. Europa, Irlanda del Nord, Belfast. Il più grande falò di Belfast. Lanark Way presso Shankill Road.

Living on the Edge. Europa, Irlanda del Nord, Belfast. Quartiere Ardoyne. Scontri tra cattolici, protestanti e polizia dopo la marcia protestante Orange del 12 luglio.
Living on the Edge. Europa, Irlanda del Nord, Belfast. Quartiere Ardoyne. Scontri tra cattolici, protestanti e polizia dopo la marcia protestante Orange del 12 luglio.

Living on the Edge. Europa, Irlanda del Nord, Belfast. Quartiere Ardoyne. Scontri tra cattolici, protestanti e polizia dopo la marcia protestante Orange del 12 luglio.

Living on the Edge. Cipro, Nicosia. Barriera militare presso la Buffer Zone. Sullo sfondo, i minareti della moschea Selimye.
Living on the Edge. Cipro, Nicosia. Barriera militare presso la Buffer Zone. Sullo sfondo, i minareti della moschea Selimye.

Living on the Edge. Cipro, Nicosia. Barriera militare presso la Buffer Zone. Sullo sfondo, i minareti della moschea Selimye.

Living on the Edge. Cipro, Area ONU, Aeroporto civile di Nicosia, abbandonato il 18.08.1974 durante gli scontri. Si trova dentro l'area dell'ONU.
Living on the Edge. Cipro, Area ONU, Aeroporto civile di Nicosia, abbandonato il 18.08.1974 durante gli scontri. Si trova dentro l'area dell'ONU.

Living on the Edge. Cipro, Area ONU, Aeroporto civile di Nicosia, abbandonato il 18.08.1974 durante gli scontri. Si trova dentro l'area dell'ONU.

Living on the Edge. Cipro, Area ONU.  Laboratorio forense del CMP.
Living on the Edge. Cipro, Area ONU. Laboratorio forense del CMP.

Living on the Edge. Cipro, Area ONU. Laboratorio forense del CMP.

Living on the Edge. Bosnia-Herzegovina.
Living on the Edge. Bosnia-Herzegovina.

Living on the Edge. Bosnia-Herzegovina.

Living on the Edge. Bosnia-Herzegovina.
Living on the Edge. Bosnia-Herzegovina.

Living on the Edge. Bosnia-Herzegovina.

Living on the Edge. Bosnia-Herzegovina, Mostar. Vecchio edificio distrutto appartenente all'ex Yugo Bank. L'edificio è ancora abbandonato.
Living on the Edge. Bosnia-Herzegovina, Mostar. Vecchio edificio distrutto appartenente all'ex Yugo Bank. L'edificio è ancora abbandonato.

Living on the Edge. Bosnia-Herzegovina, Mostar. Vecchio edificio distrutto appartenente all'ex Yugo Bank. L'edificio è ancora abbandonato.

Living on the Edge. Kosovo, Città di Mitrovica (Kosovska Mitrovica in serbo, Mitrovica in albanese). Matrimonio serbo presso la chiesa ortodossa di San Dimitros nel nord di Mitrovica. La chiesa fu costruita nel 2004.
Living on the Edge. Kosovo, Città di Mitrovica (Kosovska Mitrovica in serbo, Mitrovica in albanese). Matrimonio serbo presso la chiesa ortodossa di San Dimitros nel nord di Mitrovica. La chiesa fu costruita nel 2004.

Living on the Edge. Kosovo, Città di Mitrovica (Kosovska Mitrovica in serbo, Mitrovica in albanese). Matrimonio serbo presso la chiesa ortodossa di San Dimitros nel nord di Mitrovica. La chiesa fu costruita nel 2004.

Living on the Edge. Kosovo, Città di Mitrovica (Kosovska Mitrovica in serbo, Mitrovica in albanese). Cimitero serbo distrutto nel sud di Mitrovica (a maggioranza albanese). In seguito alle rivolte del 2004, gli albanesi distrussero tombe e diedero fuoco alla cappella del cimitero.
Living on the Edge. Kosovo, Città di Mitrovica (Kosovska Mitrovica in serbo, Mitrovica in albanese). Cimitero serbo distrutto nel sud di Mitrovica (a maggioranza albanese). In seguito alle rivolte del 2004, gli albanesi distrussero tombe e diedero fuoco alla cappella del cimitero.

Living on the Edge. Kosovo, Città di Mitrovica (Kosovska Mitrovica in serbo, Mitrovica in albanese). Cimitero serbo distrutto nel sud di Mitrovica (a maggioranza albanese). In seguito alle rivolte del 2004, gli albanesi distrussero tombe e diedero fuoco alla cappella del cimitero.

Living on the Edge. Kosovo, Città di Mitrovica (Kosovska Mitrovica in serbo, Mitrovica in albanese).  Protesta artistica a Mitrovica contro la divisione della città. L'arte come mezzo di riconciliazione.
Living on the Edge. Kosovo, Città di Mitrovica (Kosovska Mitrovica in serbo, Mitrovica in albanese). Protesta artistica a Mitrovica contro la divisione della città. L'arte come mezzo di riconciliazione.

Living on the Edge. Kosovo, Città di Mitrovica (Kosovska Mitrovica in serbo, Mitrovica in albanese). Protesta artistica a Mitrovica contro la divisione della città. L'arte come mezzo di riconciliazione.

Quattro città ai confini dell’Europa per raccontare cosa sono i confini quando tagliano le storie delle persone, separano le vite.
Nicosia (Cipro), Belfast (Irlanda del Nord), Mitrovica (Kosovo) e Mostar (Bosnia-Erzegovina): quattro città che hanno sperimentato violenti conflitti etnici e religiosi che hanno lasciato ferite profonde e divisioni territoriali ma dove tuttavia si continua a sperimentare la convivenza.

Marco Ansaloni, fotografo che vive a Barcellona ha ideato il progetto “Living on the Edge” e l’ha condotto insieme al giornalista Angelo Attanasio, costruendo un reportage fotografico e video delle realtà vissuta dalle popolazioni nelle quattro realtà.
‘Living on the Edge ‘ è un progetto fotografico nato nell’ambito del Circuito 2013 / Fotografia Documental Barcelona, una iniziativa della Fundación Photographic Social Vision per la diffusione e il riconoscimento sociale della fotografia documentaria e il fotogiornalismo di Barcellona.

Abbiamo incontrato Marco Ansaloni che ci ha raccontato la genesi e gli sviluppi di questo progetto che sta incontrando l’interesse di varie testate giornalistiche e istituzioni internazionali.


Come nasce questo progetto sulle città divise in Europa?

Il progetto nasce dall’inquietudine di voler raccontare lo stato attuale di 4 realtà urbane europee che si trovano, per diversi motivi, divise. Nicosia, Belfast, Mitrovica e Mostar,  fanno parte di un’Europa che ancora oggi ha cicatrici aperte. Con il giornalista Angelo Attanasio, abbiamo voluto ricercare quegli spazi in cui la Storia recente si unisce alla memoria collettiva, evidenziando gli aspetti che le nuove generazioni devono affrontare per una riconciliazione definitiva.

Siamo partiti da questa base. Dalle testimonianze dirette e dagli spazi urbani, con l’obiettivo di narrare sotto un solo progetto delle realtà di cui si parla sempre in maniera isolata e superficiale a volte. Sono realtà che, seppure distanti geograficamente, hanno sperimentato episodi di violenza di diverso genere (etnico, religioso...), prima che la diplomazia decidesse di tracciare un confine fisico o psicologico tra le comunità in conflitto.

Puoi raccontarci come lo avete preparato e condotto sul campo?

Per diversi mesi abbiamo realizzato un lavoro d’indagine per conoscere gli aspetti che più potevano avvicinarsi all’idea iniziale. Attraverso Ong, istituzioni e contatti sul posto, abbiamo cercato di creare una rete che avesse dei parametri comuni. Abbiamo poi cercato aspetti positivi, attraverso storie locali che potessero fare da filo conduttore, lavorando a stretto contatto con chi è coinvolto, a diversi livelli, affinché le comunità si riavvicinino. Sul campo abbiamo realizzato diversi viaggi per un anno intero. In alcune occasioni abbiamo cercato ricorrenze storiche che potessero dare spunti per la parte grafica, come il 12 luglio a Belfast, data della marcia protestante Orange. Grazie al lavoro di ricerca e alla documentazione abbiamo ottenuto buoni risultati e collegamenti inaspettati sul posto.

Qual è stata - e qual è tuttora - la risposta dei media ai quale lo avete proposto?

Il progetto ha avuto una buona accoglienza in Spagna, dove viviamo. Vista la mole di contenuti e di materiale grafico, alcune testate, come ad esempio El Periodico, hanno voluto suddividere il progetto in 4 grossi reportage individuali, uno per città. Il Festival Internazionale Circuit di Fotogiornalismo di Barcellona del 2013 ha voluto ‘Living on the Edge’ da esporre durante l’evento, dando visibilità al progetto sui portali web e nei media spagnoli.

In Italia abbiamo recentemente lavorato a stretto contatto con Le Inchieste de La Repubblica. Dalla serietà con cui sono soliti trattare i temi d’inchiesta e dal materiale prodotto, è nato un reportage divulgativo intenso e d’approfondimento giornalistico.

Il reportage ha avuto anche eco in Sud America, sotto forma di pubblicazione e di divulgazione del progetto come lavoro di documentazione. Per il 2015 abbiamo trovato un accordo con l’Istituto della Pace di Barcellona per produrre una mostra itinerante su grande scala.

Avete lavorato con tre diversi approcci: fotografia, video e scrittura. Secondo te è una condizione particolare o è una delle modalità che caratterizza il lavoro di chi fa reportage oggi?

Sono abituato a lavorare alla maggior parte dei progetti in maniera solitaria, anche se per quelli dove la parte di ricerca e di contenuti è notevole, cerco la collaborazione o un confronto con altri professionisti del settore, per avere una visione più ampia e potermi concentrare sulla parte grafica.

Nel caso specifico di Living on the Edge è stato l’approccio corretto, soprattutto pensando al coinvolgimento e al rispetto delle persone coinvolte. Oggigiorno, l’unione tra fotografia e video sono sicuramente elementi positivi. La multimedialità garantisce a volte un approccio più ampio all’informazione. Il video può aiutare l’immagine e viceversa, anche solo per fornire un’inquadratura migliore del lavoro svolto o per la presentazione del reportage.

Nel caso della pubblicazione su Repubblica Inchiesta avete venduto il ‘pacchetto’ completo. È la prassi o vi capita di vendere anche separatamente i diversi elementi, fotografia, scrittura e video?

Generalmente, quando collaboro con altri professionisti, cerco sempre di analizzare, in primo luogo, che il progetto sia fattibile a livello logistico. In questo caso la proposta nasce come ‘pacchetto’, perché nasce proprio dalla compenetrazione tra fotografia, video e testi, la formula più solida e logica per un capire un progetto che sarebbe durato 1 anno. Ovviamente questo non esclude la vendita di singole immagini o contenuti. Se riceviamo richieste di immagini singole, di trailer o di note per i media, ognuno opera a livello personale, sempre di comune accordo.

Intendete allargare ad altre città - non solo europee - la vostra attività di documentazione o ritenete questo progetto concluso?

L’idea iniziale era un progetto su scala mondiale, però guardandoci intorno abbiamo visto che in Europa avevamo soggetti impegnativi sui cui lavorare a lungo termine e ci siamo concentrati su questi. Fin dall’inizio abbiamo dovuto scartare alcune realtà europee, come i Paesi Baschi o il Belgio per esempio, concentrandoci così su quegli spazi dove la separazione è evidente attraverso elementi artificiali come muri e barriere, o elementi naturali come i  fiumi nel caso di Mitrovica.

Vi sono zone dove le tensioni comunitarie sono molto attive, però in molti casi non sono legate a quegli aspetti fisici che cercavamo appunto con Living on the Edge. Per quello direi che per ora, a livello europeo, è sostanzialmente concluso.

Dipendendo dalle possibilità e dai buoni riscontri che ha avuto il progetto, stiamo comunque valutando di ampliarlo ad altre città e spazi urbani extra europei, sempre e quando siano caratterizzati dalle stesse problematiche che abbiamo individuato finora. Abbiamo già creato contatti per seguire la stessa linea di documentazione, grafica e giornalistica in Medio Oriente e Messico.

Come vi siete accostati alle persone intervistate e fotografate? Che risposta avete avuto alla richiesta di parlare delle loro vicende?

L’approccio con persone coinvolte direttamente in fatti tragici che hanno segnato le loro vite per sempre, è stato del tutto trasparente. Abbiamo proposto rispetto e serietà e molti di loro hanno capito cosa volevamo raccontare, aprendosi e facendoci entrare durante un tempo nella loro memoria e quella delle loro famiglie. In alcuni casi,  per questioni di sicurezza o per timore delle comunità, abbiamo dovuto omettere nomi e riprese. Grazie alle molte persone che si sono esposte, abbiamo trovato i denominatori  comuni che uniscono le 4 città. Sofferenza, memoria e illusioni, condito il tutto da una gran voglia di guardare oltre quei muri che dividono e che separano.

L’educazione e la consapevolezza della tragedia vissuta da entrambe le comunità, così come la scrittura di una storia comune per le nuove generazioni, stanno seminando quei nuovi semi su cui far crescere le nuove speranze.

Intervista a cura di Marco Benna

ENGLISH VERSION

Four cities on the borders of Europe to describe what borders are when they cut through people’s stories and split their lives.
Nicosia (Cyprus), Belfast (Northern Ireland), Mitrovica (Kosovo) and Mostar (Bosnia and Herzegovina). Four cities that have undergone brutal ethnic and religious conflicts. Four cities that are still experimenting with cohabitation despite the deep wounds and territorial separation.

Barcelona-based photographer Marco Ansaloni created the project “Living on the Edge” together with journalist Angelo Attanasio. They produced a photographic and video reportage on the dwelling conditions of each city’s population.
“Living on the Edge” was conceived for Circuit 2013 / Fotografia Documental Barcelona - an initiative by the Fundación Photographic Social Vision for the diffusion and social recognition of documentary photography and photojournalism in Barcelona.

We met Marco Ansaloni, who told us about the genesis and development of this project - which is gaining greater and greater attention from the papers and international institutions.

How does this project on the divided cities in Europe originate?

The project originates from the concern about depicting the current condition of four European urban territories that are now divided for different reasons. Nicosia, Belfast, Mitrovica and Mostar are part of a European Union which still bears open wounds. Together with journalist Angelo Attanasio we wanted to conduct a research on lands where recent history meets collective memory, highlighting the aspects that new generations are to face for the sake of durable reconciliation.
Our starting points were direct evidence and urban spaces, our goal being the recount - under one single project - of realities that are often documented in an isolated and superficial manner. However geographically distant, each of these realities has undergone various kinds of violence (ethnic, religious, etc…) before diplomacy resorted to tracing a physical or psychological border amongst the conflicting communities.

Could you tell us how you prepared this project and how you practically managed it?

For several months we carried out a research activity in order to achieve a better understanding of which aspects would be closest to our initial idea. Through NGOs, institutions and contacts on location we tried to create a network with common parametres. Afterwards, we searched for positive aspects through local stories that could be used as a common denominator - we worked side by side with the people who are variously involved in bringing communities closer. Then we set off on a year of travelling on location. On a few occasions we searched for historical recurrences that could spark our visual part - such as the 12th July in Belfast, in celebration of the Orange Parade. Thanks to both research and reports we gained positive results and unexpected connections on location.

What was the initial feedback (and what is the current response) from the media you presented it to?

The project was well-received in Spain, that is where we live. Considering the bulk of content and visual material, some newspapers (see El Periodico) opted for dividing the project into four big, individual reportages - one for each city. In 2013 the International Photojournalism Festival of Barcelona, Circuit, displayed ‘Living on the Edge’ during the event, hence providing exposure on the Spanish web portals and media.
In Italy we recently worked very closely with Le Inchieste by Repubblica. An intense divulgative reportage of journalistic in-depth analysis originated from the accuracy they are used to applying to journalistic inquiries and the produced material. The reportage had an echo in South America, too, in the form of a publication and divulgation of the project as a work of documentation. As for 2015, we have reached an agreement with the Barcelona International Peace Resource Centre to produce a travelling exhibition on a large scale.

You have been working with three different approaches: photography, video-making and writing. Do you think it is a circumstantial approach or is it one of the methods that characterises the reporters’ job nowadays?

I am used to working solo on the majority of projects, although when it comes to jobs with a considerable part of research and a vaste bulk of contents I seek the collaboration or confrontation with other professionals in the field - in order to gain a wider perspective and concentrate on the visual part.
In the specific case of Living on the Edge it was the correct approach, especially considering the involvement and respect of the people contributing to it. Nowadays the blending of photography and video-making is certainly a positive element. Videos can help images and viceversa, even though it’s just to provide a better framing of the shot material or for the presentation of the reportage itself.

When published on Repubblica Inchiesta you sold the whole “package”. Is it your standard praxis or do you also happen to sell each element (photography, video-making and writing) separately?

When I’m collaborating with other professionals I usually try and analyse that the project is feasible on a logistic level first. In this case, the proposal was conceived as a “package”, because it originates from the intersection between photography, video and texts - which is the most logical and solid formula to understand a project that would have gone on for a year. Obviously this does not prevent selling images or contents individually. If we are requested single photos, trailers or notes for the media, each of us operates on a personal level, but by common consent.

Are you going to extend your research to other non-European cities or do you deem this project to be finished?

The former idea was a global-scale project. Yet, as we were looking around, we realised that we had demanding subjects in Europe to develop on the long run, and we focused on them. Since the beginning we had to exclude certain European realities like the Basque Country and Belgium, thus concentrating on territories where separation is more evident through artificial elements such as walls and barricades, or natural elements like rivers (see Mitrovica).
There are areas where community tensions are extremely active, but in many cases they are not linked to the physical aspects we were searching for “Living on the Edge”. That is why I would say that the project is substantially finished in its European leg.
However, according to resources and the good validation the project has received, we are considering to widen it to extra-European cities and urban landscapes, so long as they are characterised by the same problems we have pointed out thus far. We have already established contacts in the Middle East and Mexico to follow the same documentary, visual and journalistic directive.

How did you approach the people you interviewed and photographed? How did they react when asked to talk about their personal affairs?

We maintained a very clear approach with the people who were directly involved in tragical facts that marked their lives forever. We operated with respect and seriousness, and many of them understood what we wanted to recount - thus opening up and letting us in their personal and family memories. In certain cases, for security reasons or for fear of the community, we had to omit names and shootings. Thanks to the people who exposed themselves, we found the common denominator connecting the four cities. Suffering, memory and illusions - all flavoured with a great desire to look beyond those dividing walls.

Education and the awareness of the tragedy endured by both communities, together with the writing of a common story for the new generations, are planting new seeds for future hopes.

We are a self-funded intiative, and we rely on the expertise each of us has gained in his/her field of specialty. Whilst presenting our interviews and articles, we are looking forward to your feedback to help us improve our English version - anything related to specific words, phrases or idiomatic expression, or any other annotation you might deem useful.
Please email us at info@phom.it.

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