Phom Fotografia

Francesca Cirilli è la decima ospite di CartaBianca.





CartaBianca 
è uno spazio editoriale in cui chiediamo ai fotografi di scegliere e raccontarci una loro immagine: come è nata? Che cosa rappresenta nel tuo lavoro? Che processo c'è stato per la sua realizzazione? C'è una storia dietro?
I fotografi rispondono come preferiscono, non c'è un format di risposta predefinito ma solo la libertà di farlo secondo il proprio personale modo di raccontare. È questa la cosa bella, e bianca, appunto.


Il progetto nasce da un'idea di Vanessa Vettorello e Mariateresa dell'Aquila.


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La fotografia scelta da Francesca Cirilli

L'immagine fa parte del progetto Feeding Geographies, iniziato nel 2019 dopo i primi mesi di vita di mio figlio e continuato durante la pandemia e il lockdown.

Feeding Geographies è una riflessione sulla maternità, sulla cura e il nutrimento – in senso materiale, affettivo, psichico – sulla sottile ambivalenza di cui sono cariche molte situazioni a cui avere un figlio ti mette di fronte, dure e meravigliose, semplici e estenuanti allo stesso
tempo.

Ho iniziato il progetto per provare a raccontare la semplicità delle piccole cose, la ripetitività, la dolcezza, la fatica e gli stridori della vita da neo mamma, quello che stavo vivendo e che credo di condividere con molte altre madri (e padri).

Chiaramente non mi identifico solo con l'essere madre, ma con la nascita di Lorenzo la mia vita – e quella del mio compagno – è cambiata, soprattutto in termini di organizzazione, gestione del tempo e del lavoro, autonomia e responsabilità. Il mio universo quotidiano si è condensato, ristretto in scala e dimensioni; ho vissuto la casa in maniera più intensa e prolungata, finché con il periodo di lockdown questa immersione è diventata totale e totalizzante.

Testa di neonato, da dietro, simbolo di maternità
Beginning to eat (Blonde #1) ©Francesca Cirilli

Ho scelto questa fotografia perché per certi aspetti è rappresentativa del punto in cui è arrivata oggi la mia ricerca, e per altri rappresenta un'eccezione.

Mi spiego meglio.

Ho sempre usato la fotografia per osservare i luoghi e le dinamiche sociali, economiche, storiche che ne determinano la forma, l'utilizzo, il modo che abbiamo di viverli, di organizzarli e di relazionarci. In vari progetti, soprattutto negli ultimi anni, questa osservazione dell'abitare si è
concentrata sulla dimensione della casa, come cartina tornasole di molte questioni più ampie; mi sono trovata a fotografare più spesso situazioni intime, luoghi chiusi e di dimensioni ridotte, guardando sempre di più agli oggetti e i dettagli, come appunto in questa serie.

Allo stesso tempo sento l'”eccezionalità” di questa immagine per quanto riguarda il soggetto e le modalità di lavoro. Feeding Geographies parla di un'esperienza autobiografica, cosa per me nuova. Inoltre, in alcuni casi le fotografie che compongono la serie sono delle vere e proprie
istantanee (come quella qui sopra), ma in altri si tratta di immagini costruite. Quando hai un bambino di pochi mesi in braccio, magari urlante, oppure che sta imparando a camminare e si arrampica ovunque, non è semplice riuscire a scattare una fotografia come vorresti. E quindi... a
volte ho messo in scena in un secondo momento quello che avevo visto o vissuto.


Questo modo di lavorare mi ha aiutato a isolare dei soggetti, a renderli più iconici nella loro semplicità e creare delle immagini visivamente più essenziali.
Sicuramente questa condizione è stato anche uno degli aspetti che hanno determinato il mio approccio visivo e concettuale alla serie. Si tratta di immagini silenziose, momenti sospesi, scatti realizzati spesso nelle “pause” che riuscivo a ritagliarmi.

Come tutti i genitori (fotografi e no), ho telefono e hard disk strapieni di foto di mio figlio, che hanno un grande valore affettivo ma non sono troppo interessanti dal punto di vista fotografico.


Volevo trovare un modo non stereotipato, legato alla concretezza della quotidianità ma che allo stesso tempo se ne distaccasse, allusivo e simbolico per raccontare alcuni aspetti dell'esperienza della maternità in termini meno personali e più universali.




Questa è una delle prime immagini che ho realizzato con questo intento. E con questa fotografia mi sono resa conto che lavorare per sottrazione e fare un passo indietro rispetto ad un racconto individuale poteva essere per me una strategia di lavoro valida.

Il titolo Feeding geographies nasce da una serie nella serie, da alcune immagini quasi astratte, come questa:

Tessuto macchiato dal latte durante l'allattamento di un neonato
Map #1 ©Francesca Cirilli


Si tratta di fotografie di mie magliette e pigiami macchiati di latte (tra i possibili inconvenienti dell'allattamento, io ho sperimentato l'abbondanza di latte e l'avere per mesi magliette bagnate e macchiate). In queste tracce ho visto delle mappe, e di qui è iniziato il ragionamento su una geografia del nutrimento, in senso materiale e figurato, il filo intorno a cui si è sviluppato il progetto, che include fotografie di oggetti, dettagli del corpo di mio figlio e del mio, una serie di notturni (le “visioni” di ombre e luci durante i risvegli e gli allattamenti) e appunto, le “mappe”.

Spiraglio di luce entra da una finestra e fa intravedere le forme
Night #1 ©Francesca Cirilli



Francesca Cirilli, giugno 2021.

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Francesca Cirilli (Viareggio, 1982) vive e lavora a Torino, dove ha studiato fotografia allo IED dopo una laurea in Storia Contemporanea e studi di Scienze naturali all'Università di Pisa. La sua ricerca si rivolge all'analisi dei meccanismi e dei processi sociali, economici e ambientali che prendono forma nei luoghi e attraverso la storia, riflette principalmente sui temi dell’abitare – dalla scala domestica a quella del paesaggio – dell’organizzazione degli spazi e delle relazioni che in essi si instaurano.
I suoi lavori sono stati presentati in musei, spazi espositivi e festival di fotografia in Italia e all'estero. Nel 2018 è tra i vincitori di ABITARE, call per una committenza pubblica promossa da MUFOCO–Museo di Fotografia Contemporanea, La Triennale Milano e MiBACT. Finalista ai premi Pesaresi e Fabbri, ha vinto il Combat Prize under35 ed è stata selezionata per Giovane Fotografia Italiana#2 a Fotografia Europea.


Parallelamente alla ricerca artistica porta avanti l’attività professionale come fotografa freelance, collaborando principalmente con istituzioni culturali e aziende.
È co-fondatrice e curatrice di JEST, spazio indipendente che promuove la cultura fotografica attraverso mostre, eventi, progetti e attività didattiche, con particolare attenzione alla fotografia contemporanea (jestfotografia.net).
Insegna presso IED Torino, Centro Sperimentale di Cinematografia Piemonte, Libera Accademia d’Arte Novalia e si occupa di fotografia in progetti educativi per varie istituzioni. 
È tra i fondatori di Fluxlab–laboratorio di arti integrate, con cui organizza e cura progetti culturali.

www.francescacirilli.it

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